E’ stato approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici con il decreto del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin del 21 dicembre 2023. Il Piano contiene “oltre 360 azioni rivolte ai sistemi naturali, sociali ed economici” per rispondere “alla sfida dei cambiamenti climatici”. Si tratta – riferisce il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – di “un passo importante per la pianificazione e l’attuazione di azioni di adattamento ai cambiamenti climatici nel nostro Paese”. L’obiettivo principale del PNACC è fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici enaturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche. Quella dei cambiamenti climatici rappresenta e rappresenterà in futuro una delle sfide più rilevanti da affrontare a livello globale ed anche nel territorio italiano. L’Italia si trova nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. È quindi evidente l’importanza dell’attuazione di azioni di adattamento nel territorio per far fronte ai rischi provocati dai cambiamenti climatici. Essendo il tema fortemente trasversale, la pianificazione di azioni adeguate – si legge nel decreto – necessita di: una base di conoscenza dei fenomeni che sia messa a sistema; un contesto organizzativo ottimale; una governance multilivello e multisettoriale.
Il documento è composto da 106 pagine; 4 gli allegati al Piano dedicati alle strategie regionali, locali, impatti e vulnerabilita, e azioni. La struttura del Piano è articolata in 6 punti: il quadro giuridico di riferimento; il quadro climatico nazionale; impatti dei cambiamenti climatici in Italia e vulnerabilità settoriali; misure e azioni; finanziare l’adattamento ai cambiamenti climatici; governance dell’adattamento.
All’interno del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato dal ministero dell’Ambiente è riportato anche il rapporto “Il clima in Italia nel 2022” del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente. La temperatura media in Italia evidenzia che i segnali di cambiamento climatico sono sempre piu’ evidenti, con il 2022 che si colloca al primo posto tra gli anni più caldi dal 1961. L’analisi degli estremi ha mostrato un aumento degli indici legati agli estremi di caldo e una riduzione di quelli rappresentativi degli estremi di freddo. Con riferimento al 2022, le precipitazioni sono state ben inferiori alla media climatologica, soprattutto durante l’inverno e la primavera nell’Italia centro-settentrionale, con anomalie precipitative superiori a -40% rispetto al periodo 1991-2020; diverse aree del Nord Italia hanno sperimentato condizioni di siccità severa ed estrema. Un lunghissimo periodo di giorni asciutti consecutivi, che ha comportato danni all’agricoltura e agli allevamenti, è stato registrato a esempio presso la stazione meteorologica di Torino nel periodo di febbraio/marzo. L’estate è stata caratterizzata da un caldo intenso e prolungato; un’ondata di calore a fine giugno ha investito le regioni centro-settentrionali, con temperature massime che hanno superato i 38 gradi centigradi in diverse stazioni di misura. Il 3 luglio l’enorme crollo verificatosi nel ghiacciaio della Marmolada ha provocato una valanga di neve, ghiaccio e rocce che ha causato numerose vittime. Tra il 15 e il 16 settembre una violenta ondata di maltempo abbattutasi nelle Marche, fra le province di Ancona e di Pesaro e Urbino ha avuto un esito disastroso, provocando allagamenti ed esondazioni di diversi corsi d’acqua e la conseguente perdita di vite umane.
Nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici si legge inoltre che “il Mar Mediterraneo è uno dei mari più sfruttati al mondo, messo a dura prova da enormi pressioni come inquinamento, sviluppo costiero, sovrasfruttamento ittico, attività antropiche, cui si aggiungono i cambiamenti climatici: questi ultimi, interagendo con gli effetti di altri disturbi antropici tendono ad esacerbarne gli effetti, con conseguenze poco prevedibili e difficili da gestire”.Aancora: “La regione mediterranea è una delle aree più vulnerabili ai cambiamenti climatici globali a causa della sua posizione geografica tra il clima temperato dell’Europa centrale e il clima arido dell’Africa settentrionale. Per la sua modesta estensione e la caratteristica di essere un mare semi-chiuso, i cambiamenti indotti dal riscaldamento globale possono provocare risposte a livello biologico più rapide rispetto a quanto riscontrato in altri sistemi su scala globale. Per questo, il Mediterraneo rischia di diventare sempre più caldo, e di subire profondi mutamenti sia in termini di composizione sia in termini funzionali con un aumento della vulnerabilità e dei tassi di estinzione dei suoi componenti. La perdita di capitale naturale comporterà, inoltre, la riduzione dei beni e della ricchezza che gli ecosistemi garantiscono all’uomo con conseguenti implicazioni sociali ed economiche”.
E’ possibile consultare l’intero documento del Mase al seguente link: https://www.mase.gov.it/sites/default/files/PNACC_DOCUMENTO_DI_PIANO.pdf.